Frattura della coronoide
La coronoide è una sporgenza ossea localizzata anteriormente nell’estremità superiore
dell’ulna e rappresenta il prolungamento anteriore dell’olecrano (Fig.1; Vedere la sezione di
Anatomia).
Il processo coronoideo costituisce un primario elemento di stabilità del gomito, opponendosi allo spostamento posteriore dell’ulna rispetto all’omero. Inoltre su questo processo si inserisce il legamento collaterale mediale che prende origine dalla regione interna della paletta omerale, e che rappresenta un altro elemento principale di stabilità del gomito.
Le fratture isolate della coronoide sono rare; più spesso si verificano in concomitanza di altre lesioni del gomito. Il meccanismo traumatico che le provoca è frequentemente una caduta sulla mano atteggiata a difesa con il gomito in lieve flessione.
Le fratture di coronoide, vengono classificate in tre tipi (Fig.2):
- Tipo I: frattura che coinvolge l’apice della coronoide
- Tipo II: frattura ad uno o più frammenti che interessa metà della coronoide
- Tipo III: frattura ad uno o più frammenti che interessa più della metà della coronoide.
Secondo una classificazione più recente, ritenuta da molti più completa (Fig.3) le fratture di coronoide si classificano in:
- A: Frattura dell’apice
- B: frattura della parte antero-mediale (ossia la porzione interna dove si inserisce il legamento collaterale mediale)
- C: frattura della base.
La frattura può coinvolgere contemporaneamente le diverse zone della coronoide generando quadri clinici più o meno complessi. Frequentemente è associata alla frattura di capitello radiale ed alla lussazione di gomito determinando quella grave lesione che prende il nome di “terribile triade” (Fig. 4). Questa, è una grave instabilità del gomito che comporta un trattamento chirurgico e dei risultati clinici non sempre soddisfacenti. Altre lesioni gravate da una prognosi sfavorevole, sono le varianti della frattura-lussazione di Monteggia, in cui la frattura della coronoide si associa alla frattura dell’olecrano ed alla frattura-lussazione del capitello radiale (Vedere la sezione delle fratture-lussazioni di gomito).
La scelta del trattamento dipende dal tipo di frattura, dal coinvolgimento dei tessuti capsulo-legamentosi e dalla presenza di lesioni associate.
Le fratture che coinvolgono l’apice della coronoide, se sono di lieve entità ed isolate, non richiedono il trattamento chirurgico, guariscono con una breve immobilizzazione ed una riabilitazione cauta ma precoce.
Se la frattura dell’apice della coronoide è di dimensioni maggiori occorre eseguire una sintesi chirurgica, che consiste nel riposizionare correttamente i frammenti coinvolti e fissarli adeguatamente attraverso una sutura trans-ossea o attraverso il posizionamento di piccoli mezzi di sintesi metallici.
Le fratture della faccetta anteromediale sono lesioni più complesse in quanto coinvolgono spesso l’inserzione del legamento collaterale mediale che, come si è detto, conferisce stabilità al gomito. Tali lesioni vanno dunque trattate sempre chirurgicamente. Sono utilizzati in questo caso fili filettati, viti o placche metalliche dedicate per ricostruire la coronoide (Fig 6).
Le fratture della base della coronoide generalmente isolano un grosso frammento e si associano spesso ad una lussazione (Fig.7). Queste fratture articolari (ossia che coinvolgono la cartilagine articolare) devono essere trattate chirurgicamente per posizionare e stabilizzare il frammento nella corretta posizione ed evitare difetti nella guarigione che comportano alterazioni della funzionalità del gomito. Si utilizzano anche in questo caso viti, placche o fili filettati. Raramente possono essere utilizzati innesti ossei (frammento di capitello radiale fratturato o frammento prelevato dall’apice dell’olecrano o dalla cresta iliaca) per sostituire la coronoide quando particolarmente danneggiata e non ricostruibile.
Nei casi in cui la fissazione chirurgica risulti impossibile da praticare o poco stabile e persiste la tendenza del gomito a lussarsi, può essere necessario applicare un fissatore esterno dinamico (Fig. 8) che serve per mantenere ridotta (in giusta posizione) l’articolazione, proteggere la ricostruzione dei frammenti ossei e consentire la guarigione dei legamenti in corretta tensione.
In generale, il programma post-operatorio prevede l’inizio precoce (48 ore dall’intervento chirurgico) dei movimenti di flesso-estensione e prono-supinazione attivi e passivi autogestiti dal paziente. Nei successivi 45 giorni dall’intervento il gomito viene protetto da un tutore articolato che consente di eseguire la rieducazione. Talvolta può essere necessario impedire la completa estensione e/o flessione del gomito nei primi 25-30 giorni per proteggere la ricostruzione della coronoide.
Le complicanze delle fratture della coronoide dipendono dal tipo di frattura, dal tipo di trattamento e management postoperatorio:
a) Dolore ai massimi gradi di flessione del gomito correlato frequentemente ad un urto della coronoide contro l’omero e correlato ad una non perfetta posizione dei frammenti consolidati. Alternativamente questo dolore può essere correlato alla mancata guarigione del frammento osseo, ossia la pseudoartrosi della coronoide.
b) La rigidità: la riduzione dei movimenti del gomito. Questa può essere correlata alla formazione di tessuto cicatriziale od osseo troppo abbondante, alla permanenza della scomposizione dei frammenti di frattura o ad un errata riabilitazione.
c) L’instabilità cronica: tendenza del gomito a sub-lussarsi, dovuta ad una non corretta guarigione della frattura e dei legamenti. In tali casi la degenerazione dell’articolazione è precoce e grave.
d) L’artrosi post-truamatica: degenerazione della cartilagine articolare secondaria al trauma ed al fatto che la frattura ha coinvolto l’articolazione. Può comportare dolore e limitazione nel movimento.
Questa presentazione è diretta ad utenti comuni. Per informazioni più dettagliate e dirette a personale medico o paramedico si consiglia di scaricare il file “Fratture coronoide.pdf” nella sezione aggiornamento.