Fratture-lussazioni di gomito
Con il termine frattura–lussazione di gomito si definisce l’associazione di una frattura con la lussazione, ossia la perdita dei normali rapporti tra i capi articolari a seguito di un trauma. Questo quadro patologico viene chiamato anche instabilità complessa, per sottolineare che è presente una perdita della stabilità dovuta sia a lesioni ossee (fratture) che capsulo-legamentose.
La stabilità del gomito, infatti, è mantenuta sia da strutture ossee che legamentose: le prime sono rappresentate dalla coronoide e dall’olecrano; le seconde sono costituite dal legamento collaterale interno e dal legamento collaterale esterno. Queste quattro formazioni anatomiche sono definite stabilizzatori primari del’articolazione. Altre strutture anatomiche partecipano, con ruolo minore (stabilizzatori secondari), al mantenimento della stabilità del gomito: il capitello radiale, la capsula articolare ed i muscoli (Consultare la sezione Anatomia del Gomito per approfondimenti).
La causa della frattura-lussazione è una caduta sul palmo della mano atteggiata a difesa con il gomito leggermente flesso. Rispetto alla lussazione semplice è gravata da una prognosi peggiore.
Le formazioni ossee che più frequentemente si fratturano a seguito della lussazione sono: la coronoide, il capitello radiale e l’olecrano. La diversa associazione di queste lesioni compone dei quadri patologici caratteristici e particolarmente complessi da trattare:
– la terribile triade, ossia l’associazione della frattura della coronoide e del capitello radiale con la lussazione di gomito. (Fig.1)
– la frattura lussazione di monteggia, ossia l’associazione di una frattura dell’estremità superiore dell’ulna con la lussazione e/o frattura del capitello radiale. (Fig.2)
– le fratture transolecraniche, ossia la frattura dell’olecrano associata ad una lussazione anteriore di entrambe le ossa dell’avambraccio (radio ed ulna) (Fig.3)
– lussazione associata a frattura del capitello radiale (Fig.4)
– lussazione associata a frattura della coronoide (Fig.5)
Il gomito è tumefatto (gonfio), spesso deformato, il paziente lamenta dolore intenso e non riesce ad eseguire nessun movimento. E’ fondamentale eseguire sia degli esami radiografici che la TAC per definire correttamente il tipo di trattamento. In urgenza si esegue la “riduzione” della lussazione (ossia le ossa vengono riportate nella loro normale posizione) e si tutela provvisoriamente il gomito in un gesso. Il trattamento è sempre chirurgico, non è sufficiente l’immobilizzazione in gesso per la corretta guarigione. Il primo step dell’intervento è il trattamento di tutte le fratture. Le fratture del capitello radiale vengono “ridotte” (ricomposte) e “sintetizzate” (fissate) con viti e/o placca (Fig.6);
qualora i frammenti di frattura siano numerosi e di piccole dimensioni è indicata la sostituzione con una protesi del capitello radiale (Fig.7).
La frattura della coronoide viene ridotta e sintetizzata con viti, fili metallici o con una piccola placca (Fig.8).
La frattura di olecrano viene sintetizzata con una placca (Fig.9) e qualora sia presente una perdita di sostanza ossea è necessario riempire il deficit con un innesto osseo autologo (ossia un frammento osseo prelevato dalla cresta iliaca dello stesso paziente) od osso di banca.
Il secondo step consiste invece nella riparazione o ricostruzione dei legamenti, frequentemente con l’uso di ancore metalliche in cui sono inseriti dei fili di sutura (Fig.10).
Qualora dopo la sintesi delle fratture e la riparazione dei legamenti il gomito tende ancora a lussarsi è indicata l’applicazione di un fissatore esterno dinamico, ossia un particolare dispositivo che mantiene congruente l’articolazione (ossia mantiene le strutture ossee nella loro normale posizione) e protegge la guarigione delle fratture e dei legamenti consentendo il movimento del gomito (Fig.11).
Le complicanze sono molto frequenti, nonostante venga eseguito il trattamento più adeguato ed è frequentemente necessario eseguire più interventi chirurgici per recuperare la funzionalità del gomito e dell’arto superiore.
Le complicanze più frequenti sono:
a. la rigidità: la riduzione dei movimenti del gomito. Questa può essere correlata alla formazione di tessuto cicatriziale od osseo troppo abbondante, alla permanenza della scomposizione dei frammenti di frattura o ad un errata riabilitazione.
b. le ossificazioni eterotopiche, ossia la formazione di osso in punti in cui normalmente non è presente (muscoli, tendini, legamenti), che possono portare alla riduzione dei movimenti del gomito.
c. l’artrosi post-truamatica: degenerazione della cartilagine articolare secondaria al trauma ed al fatto che la frattura ha coinvolto l’articolazione. Può comportare dolore e limitazione nel movimento.
d. l’instabilità cronica: tendenza del gomito a sub-lussarsi, dovuta ad una non corretta guarigione della frattura e dei legamenti. In questo caso la degenerazione artrosica dell’articolazione è più precoce e grave (Fig.12).
e. la pseudoartrosi: la mancata guarigione delle fratture.
f. mobilizzazione dei mezzi di sintesi e infezioni.
g. lesioni vascolari e nervose acute, rare ma molto gravi
h. neuropatia del nervo Ulnare, ossia un irritazione del nervo in corrispondenza del gomito, dovuta a formazione di tessuto cicatriziale. Si manifesta con parestesie (ossia addormentamento e formicolii) a livello dell’anulare e del mignolo della mano.
Infine è da sottolineare l’importanza di una corretta rieducazione post-operatoria che prevede l’inizio precoce (48 ore dall’intervento chirurgico) dei movimenti di flesso-estensione e prono-supinazione attivi e passivi autogestiti dal paziente. Nei primi 40 giorni dall’intervento il gomito viene frequentemente protetto da un tutore articolato, che consente di eseguire la rieducazione.
Le lesioni che rientrano nel quadro dell’instabilità complessa di gomito rappresentano una sfida per il chirurgo ortopedico, il paziente deve collaborare attentamente e seguire il programma riabilitativo affinché un corretto atto chirurgico si trasformi in un successo.
Questa presentazione è diretta ad utenti comuni. Per informazioni più dettagliate e dirette a personale medico o paramedico si consiglia di scaricare il file “Instabilità complessa di gomito.pdf” nella sezione aggiornamento.