Compressione del nervo ulnare
La sindrome del canale cubitale è la seconda più comune neuropatia da compressione di un nervo periferico dopo la sindrome del tunnel carpale alle mano. Sebbene il nervo ulnare possa essere compresso in più punti durante il suo decorso, è a livello del gomito che questa si verifica nella maggior parte dei casi. Nel gomito il nervo ulnare diviene molto superficiale, si immette nell’omonimo solco decorrendo posteriormente all’ epitroclea e medialmente all’olecrano per entrare poi nel tunnel cubitale. Il tunnel cubitale presenta un tetto costituito dal legamento di Osborne, ovvero un fascio fibroso teso tra il capo omerale e ulnare del flessore ulnare del carpo (FUC) (Fig.1a) e un pavimento costituito dal legamento collaterale mediale del gomito, dalla capsula articolare e dall’olecrano. La compressione del nervo a livello del tunnel cubitale è responsabile della sindrome del canale cubitale. (Fig.1b)
Fig.1a Si evidenzia il nervo ulnare ed il suo ingresso nell’arcata di osborne e nei muscoli flesso-pronatori.
Visione posteriore del gomito flesso a 90°. Le immagini dimostrano il decorso del nervo ulnare (freccia bianca) in prossimità del gomito. A sinistra si vedono i rapporti tra il nervo e il muscolo tricipite brachiale ed il setto intermuscolare (freccia nera). Il nervo in prossimità dell’olecrano si posiziona in un tunnel il cui tetto è la fascia muscolare di Osborne (freccia rossa). Al centro dopo sezione della fascia di Osborne si visualizza l’ingresso del nervo nel muscolo Flessore Ulnare del Carpo (FUC). A destra, divaricati i capi del FUC si visualizzano i primi rami di divisione del nervo.
La sindrome del tunnel cubitale nella maggioranza dei casi è idiopatica mentre in altri casi può essere correlata a cause meccaniche specifiche (fattori occupazionali, instabilità nervo ulnare, valgismo del gomito, artrosi di gomito, traumatismi diretti al gomito).
I sintomi di presentazione variano da un lieve intorpidimento (addormentamento) o da lievi parestesie (alterazione della sensibilità) nell’anulare e nel mignolo della mano, ad un intenso dolore (bruciore) sul versante mediale del gomito, dell’avambraccio e della mano. I pazienti lamentano comunemente una difficoltà a mantenere a lungo la posizione di flessione del gomito, (telefonare ,scrivere, guidare ecc.) a causa dell’insorgenza o peggioramento della sintomatologia, e spesso una sensazione di freddo sul lato ulnare (interno) della mano. Una debolezza muscolare è tardiva e si sviluppa generalmente dopo l’esordio dell’intorpidimento. In questi casi il paziente lamenta difficoltà nella presa degli oggetti. Nei casi più evoluti, infatti, vi può essere una paralisi dei muscoli della mano ( interossei, ipotenari, adduttore del pollice, lombricali del 4 e 5 dito, parte del flessore breve del pollice) con una evidente atrofia della prima commissura della mano e dell’ eminenza ipotenar (Fig. 2).
Fig.2 Sopra: evidente ipotrofia (aspetto scavato) della prima commissura ( o primo spazio intermetacarpale). Sotto: ipotrofia (diminuzione di spessore) dell’eminenza ipotenar (regione interna del palmo della mano)
All’ esame obiettivo,oltre che rilevare le alterazioni sopra descritte, si ricercherà il segno di Tinel, ossia la percussione con un dito in corrispondenza del decorso del nervo al gomito, ed il test d’iperflessione del gomito (Fig. 3). Entrambi i test evocano dolore e formicolio. Inoltre si ricercheranno i segni di una eventuale instabilità (sublussazione o lussazione) del nervo a livello dell’epitroclea, ossia la tendenza del nervo a spostarsi da dietro in avanti rispetto all’epitroclea durante i movimenti di flesso-estensione del gomito.
La valutazione della forza di muscoli abduttori e adduttori (che allontanano e avvicinano tra loro le dita) della mano nonché dei flessori delle ultime dita è parte integrante dell’esame obbiettivo (Fig. 4).
La diagnostica per immagini si avvale di esami radiografici del gomito che sono utili per i pazienti con una storia di traumi, di artrosi o con una deformità per escludere la formazione di osteofiti (speroni ossei) in prossimità del decorso del nervo; la risonanza magnetica evidenzia generalmente la compressione. (Fig.5) L’elettroneuromiografia è utile per stabilire la diagnosi, quantificare il grado di lesione neurologica, localizzare il livello di compressione e differenziare altre cause come una radicolopatia cervicale o una neuropatia di origine metabolica (diabete).
Per quanto riguarda il trattamento, i pazienti che presentano sintomi lievi o moderati ad esordio recente sono canditati ad un trattamento conservativo che può includere una breve immobilizzazione, l’uso di farmaci come gli antiinfiammatori e/o neurotrofici, la fisioterapia. Talvolta la correzione di atteggiamenti, posizioni o posture irritanti la regione posteriore del gomito, come avviene durante le posizioni in lavori di tipo sedentario/impiegatizio, può essere utile per evitare le recidive .
Per le neuropatie resistenti a trattamento conservativo ,croniche, soprattutto se associate a debolezza muscolare o nelle forme acute gravi, il trattamento è chirurgico è consiste nella liberazione del nervo (neurolisi) dalle compressioni esterne. In presenza di una marcata atrofia muscolare (lesioni gravi del nervo) tuttavia il trattamento chirurgico spesso non consentirà comunque un recupero completo della funzione del nervo. Nonostante ciò il trattamento chirurgico è comunque utile poiché consente di evitare la progressione della compressione e quindi di evitare una paralisi completa dei muscoli di competenza del nervo ulnare. Esistono numerose tecniche chirurgiche suddivisibili in due gruppi: decompressione in situ e decompressione con trasposizione: nella decompressione in situ il nervo viene decompresso ma lasciato nella sua sede anatomica naturale (Fig 6).
Fig. 6 Previa piccola incisione cutanea all’interno del gomito (A), si isola (B) e libera (C) il nervo ulnare lasciandolo nella sua sede anatomica.
(A) Incisione mediale (interna) al gomito; (B) Isolamento del nervo ulnare (sopra le forbici); (C)Distacco dei muscoli epitrocleari; (D) Preparazione del nuovo alloggiamento vicino al nervo mediano (indicato dalle pinze); (E) Spostamento del nervo ulnare sotto i muscoli epitrocleari e reinserzione (F)dei muscoli stessi all’epitroclea.
Dopo l’intervento chirurgico si applica un bendaggio e si posiziona talvolta un tutore soprattutto nei casi in cui il nervo è stato spostato sotto i muscoli epitrocleari (Fig. 8). Il periodo di immobilizzazioni varia da pochi giorni a 2-3 settimane a seconda dell’intervento eseguito. Successivamente si consente il recupero graduale del movimento